20/05/12

Mare Libycum (opera di Alfredo Zamorica) - una lettura critica



La materia è nervosa e pesante.
La materia è l’impalpabile trasparenza dell’acqua, del mare, delle onde.
E così si rivolta contro se stessa, affermando la propria identità ed insieme negandola, parafrasando la consistenza organica, solida e tangibile di cui è fatta con sentimenti di indefinita ricerca .
Rievocazione di una rotta perduta,  un destino da seguire, un futuro ancora ignoto.



 
Una concettualità baudelairiana secondo cui l’opera d’arte contiene in sé il suo contrario, la resistenza al proprio essere, come il ritmo perpetuo delle onde che viene soffocato dalla lenta pesantezza del legno.

Il mondo delle forme simboliche non segue la logica razionale o geometrica, ma l’antinomia è solo semantica, perché quello che conta è la reale percezione di ciò che stiamo osservando.  

Mare Libycum suggerisce un’interpretazione sensibile della realtà, propronendo un’analisi del significato la quale parte dal presupposto che oggi  la nostra vista davanti all’arte Moderna ha una maggiore estensione, e di decodificazione concettuale e di decodificazione emotiva.

Elemento rilevante di questo modus pensandi è l’intervento di una dimensione melanconica e insieme disperata, inquieta e insieme dinamica, propria di un’estetica della coscienza in perenne condizione di incompiutezza e in continuo divenire.
  
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L’iconografia di Mare Libycum è l’emblema dell’instancabile  ricerca dell’Io e della propria consapevolezza, è la combinazione ideale dell’attimo e della totalità, del movimento e della forma, del presente verso il futuro.



Foto e testo © Maura Ghiselli
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